Acquedotto di Lwihomelo 2014 – 2016

Lwihomelo è un agglomerato di villaggi situato in una zona impervia sulle montagne che circondano Kibakwe nel distretto di Mpwapwa della regione di Dodoma in Tanzania. Per raggiungerlo non esiste una vera strada, si utilizza una pista piuttosto scoscesa percorribile solo con fuoristrada e non sempre in tutti i periodi dell’anno, quasi mai infatti durante e dopo la stagione della piogge.

La popolazione si rifornisce di acqua attingendo ad una specie di pozza a cielo aperto situata più a valle in un canalone a circa 600 mt di distanza e 70 mt di dislivello dalle prime abitazioni. Ci è stato chiesto un aiuto per dotare di acqua corrente il villaggio e in particolare la scuola. Si tratta di una scuola primaria molto affollata con non meno di 600 bambini anche nei periodi di minima affluenza.

Nel 2013 si stringono accordi con i rappresentanti della scuola e della popolazione locale.

Si decide di scavare un pozzo e pomparne l’acqua su due serbatoi da costruire nelle zone più soprelevate del villaggio da cui per caduta distribuirla alla popolazione con almeno due punti di erogazione uno in particolare nello spiazzo antistante la scuola e uno vicino alla chiesa. Gli abitanti si incaricano di presentare il progetto, di ottenere i regolari permessi dalle competenti autorità e di fornire manodopera in parte gratuita. L’Associazione Pole Pole si incarica di provvedere ai costi vivi dei materiali, delle attrezzature e di tutto il resto tramite il suo referente locale padre Carlo Serafini cappuccino missionario in Tanzania da oltre 40 anni, che ha una grande esperienza nel settore e che gentilmente si presta a sovraintendere i lavori.

Ci è voluta buona parte del 2014 per i rilievi idrogeologici e per ottenere i visti e l’autorizzazione delle autorità amministrative distrettuali e regionali con lungaggini burocratiche a dir poco esasperanti. Finalmente verso ottobre si possono iniziare i lavori rigorosamente a mano. Impossibile portare in loco macchine perforatrici e mezzi di trasporto pesanti, si scava un pozzo con un diametro intermo di mt. 2,20 (giusto lo spazio per due operai con piccone e pala). Man mano che ci si approfondisce con lo scavo il pozzo viene armato con delle bozze fatte a mano, ricurve, sagomate esattamente per la circonferenza del pozzo e si costruiscono nel frattempo i due serbatoi uno davanti alla scuola e uno accanto alla chiesa.

I lavori proseguono per tutto il 2015 e i primi mesi del 2016 incontrando difficoltà e intoppi di ogni genere, tra i quali dopo i primi 7 – 8 mt di profondità la presenza di uno strato durissimo e compatto di roccia che ha obbligato a inventarci l’uso di una vecchissima perforatrice da minatori e all’uso di piccole cariche esplosive.

Utilissimo anche il nostro generatore a nafta di corrente, già a suo tempo donato alla missione di Kibakwe che trasportato in loco non senza difficoltà, alimenta il compressori per la perforatrice e il martello pneumatico e la pompa per svuotare l’acqua che permeando le pareti del pozzo si raccoglie continuamente sul fondo. Si costruisce inoltre un piccolo locale come baracca da cantiere in cui allocare il generatore e che in realtà funziona anche da alloggio per il nostro padre Carlo che rimane costantemente sul posto di lavoro non solo per comodità logistica ma soprattutto per scongiurare il pericolo di furti di attrezzi e materiali, comunissimi e quasi inevitabili in queste realtà. Ringraziamo ancora una volta il nostro buon frate anche per questi disagi che ha dovuto sopportare. I detriti risultanti dallo scavo come terriccio e ciottoli vengono tutti estratti dal pozzo manualmente, secchio dopo secchio, utilizzando come puleggia il cerchione di una ruota di bicicletta. Siamo infine arrivati a circa 20 mt di profondità: impossibile proseguire oltre anche per motivi di sicurezza e con risultati scadenti dato che si è trovato una modestissima quantità di acqua nettamente insufficiente per gli scopi che ci eravamo prefissi. Si richiamano altri tecnici ( privati e non governativi) per nuovi e più approfonditi studi idrogeologici che individuano a circa 300 mt dal nostro pozzo una zona più promettente in cui effettuare scavi. Qui finalmente nel giugno del 2016 troviamo acqua in quantità abbondante con una portata di circa 30 mila lt in 24 ore e di buona qualità. Viene captata e convogliata nel nostro pozzo già scavato che a questo punto funziona come une grossa cisterna sotterranea. Si costruisce un impianto idrico ed elettrico che prevede due circuiti distinti e indipendenti tra di loro, con due pompe ad immersione nel pozzo che tramite linee separate di tubature interrate spingono l’acqua ciascuna nel proprio deposito.

Il 14 agosto 2016 padre Carlo ci telefona trionfante che il primo serbatoio era stato riempito.

L’ultima difficoltà è l’allaccio alla rete di distribuzione pubblica dell’energia elettrica il cui ente nazionale trova mille intralci alla nostra richiesta di fornitura. Diciamo solo che non è stato semplice districarsi e uscire “indenni” e con successo dai quei meandri burocratici con funzionari governativi e amministratori locali per lo più poco efficienti e non sempre limpidi.

L’intera opera è stata ufficialmente inaugurata nel gennaio 2017 con messe, benedizioni e festeggiamenti di ogni tipo. La popolazione secondo le usanze locali, ci ha colmato di “regali” tra cui ci ha particolarmente colpito una capra che nella loro cultura è il massimo della considerazione e della gratitudine.

L’acquedotto è stato dedicato alla nostra fondatrice dssa Anna Maria Bartolomei purtroppo recentemente scomparsa.

Kibaygwa (distretto di Kongwa)

Qui ha operato fino a qualche anno fa padre Fabiano Cutini cappuccino originario di Arezzo e missionario in Tanzania da oltre 40 anni, attualmente è in Italia.

Dal 2013 si dedica principalmente alla conduzione della scuola da lui stesso fondata e dedicata a “San Padre Pio” si tratta di una scuola secondaria. Stimata come istituzione di elevato livello tecnico attira studenti da ogni parte della regione contandone oltre 500, più della metà in regime convittuale e ai quali viene pertanto fornito vitto e alloggio.

Accanto al complesso scolastico sono stati costruiti alloggi per gli insegnanti, ostelli maschili e femminili dove la nostra associazione ha contribuito alla realizzazione. Inoltre ha fatto pozzi e serbatoi per l’acqua, una fattoria per animali da allevamento, un officina un mulino ed anche una panetteria tutto ciò finalizzato all’automantenimento della scuola.

L’associazione ha sostenuto padre Fabiano le sue iniziative da vari anni e in varie forme, recentemente il complesso è stato dotato di due generatori di corrente per gli ostelli.

Ospedale st. Joseph di Be’Be’Djia – Ciad

Progetto di cooperazione sanitaria

Gli abitanti si dedicano all’allevamento e all’agricoltura ma le difficoltà sono molte perché il territorio, desertico o roccioso, è molto arido e numerosi sono i periodi di siccità che creano gravi disagi e che spesso portano alla morte di intere mandrie di bestiame.

La repubblica del Ciad è uno stato dell’Africa centrale tra i più poveri dell’Africa e del mondo. Più dei tre quarti della popolazione (poco più di 11 milioni di abitanti in tutto) risiede in zone rurali, principalmente a sud,zona meno desertica e relativamente più ricca di acqua rispetto al nord del paese.

Oltre l’80%della popolazione è sotto la soglia di povertà. Attualmente l’economia del Ciad nonostante lo sfruttamento del petrolio rimane principalmente agricola e sempre penalizzata dai suoi problemi cronici: posizione geografica, comunicazioni interne povere, alti costi di energia,scarse risorse idriche ed una storia di corruzione, instabilità politica e guerre.

Gli indicatori di sanità riflettono la situazione di povertà del paese:

Tasso bruto di natalità: 41,6 per mille

Tasso di mortalità infantile (0-1 anno) 102,6 per mille

Tasso bruto di mortalità: 16,3 per mille

La malnutrizione, la malaria, la tubercolosi, la parassitosi l’Aids restano le principali cause di morte.

L’ospedale Saint Joseph si trova si trova a Bèbèdjia nel sud della Repubblica del Ciad a circa 500 km dalla capitale N’djiamena.

Ha circa un centinaio di posti letto e rende servizio alla popolazione della vastissima regione della diocesi di Doba e va ben al di là dei suoi limiti, coprendo di fatto una estesa superficie con un bacino di utenza che supera attualmente il milione di abitanti.

Creato nel 1975 da un missionario comboniano come centro medicale funzionava da semplice dispensario. Nel 1994 in piena guerra civile è stato aperto come ospedale, grazie agli sforzi fatti dalla Diocesi di Doba e dall’allora vescovo comboniano mos. Michele Russo. L’ospedale ha iniziato le sue attività diventando subito centro di riferimento non soltanto per i malati del distretto, ma anche per quelli delle zone limitrofe ed oltre.

Nel 2008 suor Magda, l’allora direttrice dell’ospedale Saint Joseph, inviava un appello accorato di richiesta di aiuto e di medici. L’unico medico presente il dr. Mbaitoloum Weina, non riuscuva a far fronte all’ingente lavoro. Alcuni infermieri e medici, tra cui il dr. Danilo Tacconi che già da qualche anno erano operativi in Tanzania con la nostra Associazione furono i primi a partire (2009).

A questi si sono aggiunti via via negli anni successivi altri volontari (medici,infermieri, fisioterapisti, tecnici di laboratorio, ostetriche ecc…) con lo scopo di apportare ognuno il proprio contributo. Ci teniamo a sottolineare che tutti i volontari viaggiano a titolo personale e a proprie spese sostenendo i costi del viaggio e del soggiorno.

Nel corso degli anni si facevano pervenire all’ospedale materiali sanitari ed attrezzature mediche. Si contribuiva nel dotare il nuovo reparto di pediatria degli arredi, mobilio, biancheria e di alcuni presidi sanitari minimi indispensabili.

I nostri volontari hanno continuato a recarsi in Ciad sino al 2014 poi la situazione geopoliticaq del paese si è deteriorata a tal punto che non è più possibile garantire l’incolumità per il pericolo di attentati e la presenza di bande terroristiche dei Boko Haram che sconfinano dai paesi limitrofi. L’ospedale si è dovuto munire di guardie armate e metal detector agli ingressi.

Si continua tuttavia ad inviare materiali sanitari e qualche aiuto economico per far fronte alle sempre maggiori esigenze cui è progressivamente andato incontro l’ospedale.

Pubblichiamo l’ultima lettera inviatici da sr Elisabetta d.ssa Raule attuale direttrice dell’ospedale e quasi costantemente unico medico dell’intera struttura.

messaggio originale ——–
Da:Elisabetta Raule 
Inviato:Sun, 29 Oct 2017 21:49:52 +0100
Oggetto:ecco la mia letterina

Carissimi amici di Arezzo, vi mando un caro saluto dal sud del Tchad.
Vi scrivo sempre da Bebedjia, regione del Logone Orientale,
precisamente dall’ospedale Saint JosepH.
Quest’anno abbiamo avuto dei cambiamenti e delle difficoltà sempre
maggiori, perché come voi sapete, la situazione dell’Africa non é
buona, ed in particolare nei paesi del Sahel ci sono problemi seri
legati ai gruppi islamici che circolano senza nessuna identificazione
e controllo. Qui in Tchad la « crisi » palpabile che la gente ha
sentito quest’anno é ancora di più legata alla caduta del prezzo del
petrolio, che ha fatto sì che lo Stato non riesca spesso a pagare gli
stipendi dei suoi funzionari (in particolare professori ed insegnanti)
e quindi non ci sono soldi che circolano… ed anche nel nostro caso,
all’ospedale, la gente non riesce a pagare le visite e le operazioni
perché dice che non ci sono soldi. Solo i commercianti arabi e i
nomadi che hanno il bestiame hanno un po’ più di soldi. Inoltre resta
sempre il problema del controllo dei documenti, che qui in Tcahd non é
ben fatto, e quindi molti gruppi islamici di etnie diverse non sono
identificati.
Per il nostro ospedale i cambiamenti sono stati : il nuovo vescovo
Mons. Martin che é subentrato a Mons. Miguel Sebastien. Mons. Martin é
un vescovo Tchadiano, é un uomo di Dio, ma é preoccupato di far
funzionare l’ospedale con la contribuzione della popolazione,
altrimenti non potrà continuare.
Abbiamo rinnovato i contratti del personale e cercato di far partire
alcuni infermieri che rubavano soldi delle entrate dei malati e
farmaci non é stato facile ed ora abbiamo qualche infermiere in meno,
dunque é faticoso.
Il direttore Jean Marie é partito anche lui ed abbiamo un nuovo
direttore Samuel che ha molta buona volontà, anche se a volte ci
vorrebbero veramente dei miracoli per far funzionare le cose.
I problemi dell’impianto elettrico sono sempre enormi. Lo Stato
dall’anno scorso non ha dato neanche un’ora di luce e noi spendiamo un
sacco di soldi per accendere il gruppo elettrogeno dell’ospedale ogni
giorno. I pannelli solari del nuovo impianto fin dall’inizio hanno
dato problemi e le batterie sono rovinate perché dentro il container
dove sono installate fa troppo caldo e non c’é climatizzazione. (
sopra dai 42° si blocca tutto da solo) .
Come medici all’ospedale per ora siamo sempre io, che mi occupo della
medicina, maternità, chirurgia,le urgenze, le visite e le ecografie, e
poi la suor Lourdes, che si occupa della pediatria e dei malati di
HIV. Sapete, siccome il Governo non ha soldi, hanno bloccato tutte le
discussioni di tesi dei giovani laureandi in medicina a N’djamena : ci
sono medici che hanno finito gli esami e la tesi pronta da due anni e
aspettano solo di discutere la tesi ma lo Stato dice che non ha soldi
per pagare la commissione. Penso di poter dire senza esagerare che
siamo davvero in uno dei paesi piu’ poveri al mondo.
Spero di avervi dato qualche notizia interessante di aggiornamento
sulla nostra situazione
Sappiate che nonostante tutte le difficoltà , continuiamo a curare i
malati con speranza, sapendo che qui nel sud, soprattutto per le
patologie gravi, non sanno dove rivolgersi.
Certamente vi siamo molto riconoscenti dell’aiuto che ci avete sempre
dato e speriamo di cuore che avrete la possibilità di continuare a
sostenerci.
Noi vi ricordiamo sempre nella preghiera
Fraternamente
srElisabetta

Il Villaggio della Speranza

I nostri primi interventi sono stati verso il Villaggio della Speranza dove operano suor Rosaria e padre Vincenzo nel progetto di gestione di un villaggio – famiglia dove vengono accolti bambini siero positivi e orfani da entrambi i genitori,inoltre comprende anche una struttura sanitaria con annesso la sala parto . L’Associazione ha dato il suo importante contributo, tra l’altro, per la realizzazione di un edificio scolastico .

Il villaggio della speranza è sempre una parte importante dei nostri progetti e restiamo a disposizione per accogliere e valutare le loro richieste.